I nonni abitavano in una delle piu' belle ville della citta', una grande casa distribuita su piu' piani, immersa in un giardino incantevole, dove il ciliegio ed il mango, il nespolo ed il nocciolo tornavano ad ogni stagione a regalare i loro frutti alla nutrita schiera di nipoti che popolavano quell'oasi di verde a due passi dal centro.
A meta' degli anni novanta, venuti a mancare i nonni, i figli, mia madre ed i suoi fratelli, decisero di vendere quella casa, troppo grande ed impegnativa da gestire per chi non doveva piu' ospitare una decina di nipoti ma solo due o tre ragazzini, che il destino, inevitabilmente, avrebbe allontanato da casa nel volgere di pochi anni.
Sono tornato spesso, da intruso, nel sogno, tra quelle mura. A volte intrufolondami, scavalcando il muro di cinta, so bene dove e' piu' basso, per trovarmi a girovagare per le stanze, sempre deserte, come paralizzate dall'istante che le lascio' il nonno in quell'estate lontana, ed a volte con la scusa di portare carte e documenti varii ai nuovi padroni, che nell'attesa mi consentivano di esplorare di nascosto il piano terreno, il tinello dove riposavamo nel pomeriggio davanti ad un vecchissimo televisore, la grande sala dei pranzi di natale, la cucina, lo studiolo dove il nonno teneva la sua vecchia calcolatrice e nascondeva un grosso fucile.
Non ho mai avuto una buona considerazione dei nuovi padroni, zio e nipote che si divisero la proprieta' al 50%. Non tanto perche' abbiano comprato una proprieta' di famiglia, non perche' abbiano sottratto a noi un luogo caro, ne' perche' mi abbiano fatto qualche torto, in effetti non li ho mai incontrati, ne' mai sono tornato in quelle stanze. Quello che mi infastisce ancora oggi sono state alcune loro scelte, la cui realizzazione e' visibile anche dall'esterno.
Innanzitutto, come per mandare a tutti un messaggio, decisero subito di ritinteggiare gli esterni, ed il bel colore rosato, che prendeva le tinte del sole al tramonto, fu ricoperto di un biancastro che presto si sporco' di grigio ed incuria.
Ma soprattutto cio' che mi urta e' quel che e' stato fatto del giardino: si e' costruito sul prato un grosso cubo di lamiera, il solito odioso deposito per automobili, ed erbacce e disordine hanno divorato il prato ed asfissiato i fiori.
Ho sempre avuto l'impressione che il fatto che la casa sia stata divisa in due lotti abbia complicato la gestione dell'immobile, ed ho pensato che la crisi, possibili attriti, o semplicemente l'invecchiamento dello zio abbiano collaborato al declino di quella che un tempo era una delle piu' belle ville della citta'.
In questo senso non mi ha sorpreso la notizia di un recente passaggio di proprieta' a favore di un professionista da poco trasferitosi a ###, ma mi ha meravigliato molto l'invito che questi ha spedito a me e mia sorella.
Che senso puo' avere un simile invito?
Ed ancora: perche', tra tanti figli e nipoti, alcuni dei quali ancora residenti in citta', invitare proprio noi due, che ormai viviamo lontani, e che nulla, almeno ch'io sappia, lega a questo sconosciuto?
CONTINUA ...